CUS BERGAMO

Tai Chi in Ateneo: benessere, ricerca e armonia nel cuore dell’Università

Un chiostro rinascimentale, la luce del tardo pomeriggio e un gruppo di studenti, docenti e personale universitario che si muovono in silenzio, seguendo con eleganza gesti lenti e fluidi. È questa la cornice del nuovo corso di Tai Chi in Ateneo, che ogni mercoledì dalle 17 alle 18.30 anima il Chiostro grande della sede universitaria di Sant’Agostino.

L’attività, gratuita per tutti i membri della comunità universitaria previo tesseramento al CUS (gratuito per gli studenti), è aperta a principianti di ogni età e a chi desidera riprendere la pratica dopo esperienze passate.

A guidare le lezioni è il prof. Leonida Tedoldi, docente di Storia delle relazioni internazionali all’Università di Bergamo e allievo del maestro Gabriele Filippini (Associazione Wu Wei – Scuola di Tuina e Qigong di Brescia, Scuola Wang Wei Guo). Nel suo percorso ha approfondito anche gli insegnamenti di maestri come Jean Michel Coudart (Tui Shou), Marco Gitti (forma) e Wen Zhong You (Qigong).

Per scoprire di più, abbiamo intervistato il professor Leonida Tedoldi, referente del corso.

Professor Tedoldi, prima di tutto: come si è avvicinato al Tai Chi e cosa l’ha spinta a praticarlo con costanza?

Mi sono avvicinato per curiosità, lo praticava mio cognato e nel tempo mi ha appassionato molto, tutto qui.

Oltre ad essere docente di Storia delle relazioni internazionali, oggi è anche referente del corso di Tai Chi in Ateneo: come convivono queste due anime, quella accademica e quella marziale?

Convivono benissimo, nel senso che sono due attività con una componente simile: la ricerca. Il Tai Chi è la ricerca di te stesso quasi per definizione, nel senso che è una disciplina interna marziale, che nel tempo si è trasformata in una disciplina “medica”, del benessere, sebbene a me sembri riduttivo, che si fonda sulla costante tensione verso la conoscenza del tuo corpo e dell’equilibrio psicofisico. Io poi appartengo a una scuola, quella del maestro Gabriele Filippini, che pratica un Tai Chi, anche nelle sue derivazioni marziali, però sempre interrelato con la medicina tradizionale cinese e l’antica disciplina del Chi Kung (Qi Qong), praticando, inoltre, una forma, quella Yang, in cui coesistono anche alcuni riferimenti allo stile antico Cheng.

Per chi non lo conosce: cos’è il Tai Chi Chuan e quali sono le sue radici nella cultura cinese?

Il Tai Chi Chuan (Taijiquan) è un’arte marziale “interna” cinese antica, nata come addestramento al combattimento e trova le sue fondamenta nellacultura tradizionale cinese: il taoismo, la medicina, il Kung Fu e il Chi Kung.  La sua storia rimanda al XII secolo, ma è nell’ottocento che ha trovato la sua codificazione, quando ebbe origine quello che è ormai lo stile più diffuso nel mondo, lo stile Yang, che semplificò i numerosi stili che erano sopravvissuti al tempo. Ancora oggi oltre allo stile Yang, coesistono ancora alcuni stili antichi come il Cheng e il Wudu.

Per questo oggi il Tai chi può essere affrontato come una disciplina per il benessere psicofisico, quindi lavorando sulla cosiddetta “forma”, quella sorta di coreografia (e molto di più) che si vede nei parchi cittadini, prevalentemente in estate, e anche come arte marziale con gli esercizi di Tui Shou. Nel tempo però è diventato soprattutto una tecnica terapeutica e preventiva naturale, quella che noi praticheremo. Questo non significa che non ci sia sforzo muscolare, anzi saremo costantemente messi in gioco e sollecitati anche sul piano fisico oltre che mentale.

Perché il Tai Chi è considerato non solo un’arte marziale, ma anche una disciplina per il benessere psicofisico?

Perché, come il suo parente più stretto il Chi Kung, che verrà inserito spesso nelle nostre lezioni, la sua pratica si fonda sull’intenzione, l’energia e l’equilibrio.

Quali sono i principali benefici che studenti e studentesse possono trarre dalla pratica regolare del Tai Chi?

Tra i principali, si possono indicare il miglioramento dell’equilibrio mentale, della capacità di concentrazione e della forza muscolare. Questi benefici posso condurre alla riduzione dello stress e dell’ansia. Inoltre, la pratica del Tai Chi può anche aiutare a potenziare la consapevolezza del proprio corpo e stimolare l’attività cognitiva, se la mettiamo in termini medici occidentali. Su questo ormai vi è molto ricerca da parte di miei colleghi neuroscienziati, ad esempio.

Molti universitari vivono stress e ansia legati allo studio: il Tai Chi può aiutare ad affrontarli?

Certamente, la pratica della forma potenzia le nostre capacità psicofisiche, come dicevo in precedenza, ormai lo afferma spesso anche la ricerca medica occidentale.

Il corso è pensato sia per principianti che per chi ha già esperienza: come riesce a coinvolgere partecipanti con livelli diversi?

Mi permette una premessa: Il Tai Chi si può praticare a tutte le età e non è riservato solo agli adulti o anziani. Lo dico perché soprattutto in Italia si ritiene, a torto, che sia una sorta di ginnastica lenta e quindi senza sforzo adatta alle persone over 60. Detto questo, il Tai chi deve essere praticato comprendendo il senso dei movimenti che si compiono e mantenendo una tensione verso la ricerca dell’equilibrio psicofisico, a qualsiasi livello di conoscenza si sia. E’ una “via”, in quanto tale ognuno pratica in base al proprio capacità e formazione. Poi, certo, se la risposta al nostro corso sarà soddisfacente vedremo come organizzarci per fornire un corso di avviamento e di progressione al Tai Chi sempre più interessante e soprattutto stimolante per i partecipanti.

Che atmosfera si respirerà durante le lezioni al Chiostro di Sant’Agostino?

Non lo so, lo vedremo. Però posso dire che non c’era luogo migliore. Il resto lo scopriremo insieme, certo è che ne usciremo un po’ più consapevoli del rapporto con il nostro corpo, e questo vale anche per me, naturalmente.

C’è un episodio o un momento particolare che le è rimasto impresso in questi anni di pratica e insegnamento?

Sono davvero tanti gli episodi sorprendenti, grazie al mio maestro Gabriele Filippini, ma anche ad un altro istruttore, Marco Gitti, che mi hanno avviato allo studio e all’approfondimento di questa arte. Però, se devo dire, quello che mi ha sempre sorpreso è il superamento costante di alcuni piccoli o grandi limiti che spesso ci imponiamo; per questo credo nell’efficacia della pratica delle discipline “interne”.

Un invito diretto: perché un membro della comunità universitaria dovrebbe provare il Tai Chi in Ateneo?

Per tutto quello che ho detto. Qualche volta basta semplicemente provare e si è rapiti dal suo fascino, dalla sua eleganza, già dalla prima lezione. Però conta molto, come ho detto all’inizio, cosa stia cercando una persona che si avvicina al Tai Chi.

Mi conceda un’ultima osservazione: vorrei ringraziare la prof.ssa Elisabetta Bani e il presidente del Cus, Claudio Bertoletti, che ha voluto fortemente questo corso, perché da grande esperto e appassionato di sport, qual è, comprende molto bene la forza e l’efficacia del Tai Chi.