Abbiamo chiesto al referente di Judo del CUS Bergamo, Antonio Abbate, di approfondire la storia, le pratiche, la filosofia, i benefici e – se ve ne sono – le controindicazioni di questa pratica sportiva. Vi lasciamo di seguito il suo racconto.
Buongiorno, vi ringrazio per l’opportunità di poter raccontare e parlare di judo, anche se risulta molto difficile in poche righe esprimere tutto ciò di cui fa parte.
Inizierò parlando del suo fondatore Jigoro Kano (1860-1938). Il prof. Kano è stato docente di inglese ed economia, preside di due istituti superiori, primo rappresentante giapponese presso il Comitato Olimpico Internazionale. Parliamo perciò di una persona che è stata un punto di riferimento tanto per lo sport giapponese quanto per il quadro culturale della sua nazione d’origine.
Il Kodokan, la scuola fondata dal prof. Kano, nasce verso la fine del 1800 in Giappone. Qui, egli iniziò l’insegnamento del judo, disciplina che aveva creato basandosi sulle antiche tecniche del ju-jitsu e di altre discipline marziali giapponesi, in cui Kano si era cimentato inizialmente.
Tradotto dal Giapponese, la parola “judo”, formata dai kangi, ju e do, suona come “via della cedevolezza”.
Il judo è la via più efficace per utilizzare la forza fisica e mentale. Allenarsi nella disciplina del judo significa raggiungere la perfetta conoscenza dello spirito attraverso l’addestramento attacco-difesa e l’assiduo sforzo per ottenere un miglioramento fisico-spirituale.
Il perfezionamento dell’io così ottenuto dovrà essere utilizzato al servizio per il miglioramento sociale, che costituisce l’obbiettivo ultimo del judo. La presenza di questa attenzione nei confronti della collettività fa del judo più di un semplice sport o arte marziale.
Il percorso del judo ha inizio dalla conoscenza di se stessi, dall’amore per se stessi imparato nell’esercizio della propria capacità psico-fisica fino alla cooperazione a favore della collettività.
Nelle parole di Kano si può capire quali benefici dà la pratica del judo a partire dai 5 anni fino alla più veneranda età di 90 anni:
“Dopo due anni di studio e allenamento, il mio fisico cominciò a trasformarsi e al termine dei tre anni avevo acquisito una notevole robustezza muscolare. Sentivo leggerezza nell’animo m’accorgevo che il carattere alquanto irascibile diveniva sempre più mite e paziente e che la mia indole acquistava maggior stabilità. Pertanto alla conclusione dei miei studi del judo, approdai a una mia verità: cioè che questo insegnamento dovesse essere portato a conoscenza di tutti e non solo riservato a una ristretta cerchia di praticanti”
Come si pratica il judo?
Il judo si pratica in un dojo (“posto in cui si ricerca la via”), fornito di materassine (tatami) per attutire l’impatto delle cadute.
Si indossa la divisa tradizionale pensata da Kano, ossia il judogi, formata da giacca e pantaloni lunghi di cotone bianco. A chiudere la giacca c’è una cintura (obi), che ha colori diversi in base al grado: si passa dalla bianca, alla cintura gialla, arancio, verde, blu, marrone e infine nera. Dopo la cintura nera la federazione ha dato la possibilità, tramite un’esame pratico/teorico di acquisire il 6° dan ( cintura bianco/rossa) dopo di che viene mantenuta fino al 9° dan e acquisita per meriti.
Il judo si pratica a piedi scalzi. Nel dojo non si entra con le scarpe, ma si raggiunge il tatami in ciabatte (zoori).
Il rispetto dei luoghi e del prossimo è uno dei fondamenti del judo, per cui, dal punto di vista dell’atteggiamento da tenere nel dojo, la prima cosa che si insegna è il saluto, che può essere in piedi o in ginocchio, a seconda del momento. Il saluto si fa entrando e uscendo dal dojo, a inizio e a fine lezione, per ringraziare un compagno quando si inizia o si finisce un esercizio in coppia o di gruppo.
Oltre al saluto, il judo guarda anche ad altri aspetti come la pulizia, l’igiene, l’aiuto reciproco e l’ascolto tra allievi di cinture con gradi o età diversi.
Le prime cose che si insegnano nel judo sono le caduteo ukemi. Il superamento della paura e l’acquisizione di sicurezza nel fare le cadute sono il primo passo fondamentale prima di passare alle tecniche in piedi.
Nel combattimento del judo, chiamato randori, l’obbiettivo non è colpire il compagno, ma sbilanciarlo per proiettarlo e portarlo schiena a terra. Per fare questo, il prof. Kano ha stilato una lista di tecniche, raccolte nel Go Kyo, che, in base alla parte del corpo che risulta maggiormente decisiva nell’esecuzione, si dividono in tecniche di braccia e spalle, di anca e gambe o piedi.
Il judo ha tre momenti di applicazione della tecnica (kata, randori e shiai) e prevede una parte in piedi (tachi waza), una parte a terra (ne waza) e anche una parte dedicata a colpi (atemi waza) e difesa da attacchi con coltello, spada, bastone e pistola.
Il judo è una disciplina pensata da Kano in vista dello sviluppo sano e armonico sia del corpo che della mente. Durante un allenamento di judo si allenano tutti i gruppi muscolari e si sviluppano in modo importante anche attenzione, equilibrio e coordinazione.
Questa disciplina non ha particolari controindicazioni o rischi. Gli infortuni sono rari e il Sensei (Maestro) ha la capacità di controllare gli allievi più esuberanti inducendo loro l’idea di rispetto e responsabilità tra i praticanti.
Il potere del judo sta nel suo metodo educativo, che porta ogni praticante ad una consapevolezza dei propri limiti ed a come affrontarli senza timore.
Per maggiori informazioni e iscriverti agli allenamenti di judo del CUS Bergamo:
Antonio Abbate
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