Intervista ad Antonio Englaro, Referente Aikido CUS Bergamo
Cos’è l’aikido e cosa significa questa parola?
L’aikido è un’arte marziale tradizionale giapponese il cui obiettivo è quello di raggiungere la massima padronanza del proprio corpo, questo ci permette di sprigionare tutta la nostra energia e canalizzare quella altrui. Diventa perciò fondamentale conservare il controllo del proprio equilibrio fisico ed emotivo, per poter scegliere di ricevere o anticipare l’azione dell’avversario. L’obiettivo è quello di assumere il controllo dell’azione dell’avversario coinvolgendolo in dinamica volta a dissipare l’azione aggressiva anche applicando tecniche di leve articolari e proiezioni.
Con un allenamento costante, l’aikidoka (così si chiama chi pratica aikido), a qualunque età, aiuta a sviluppare la concentrazione, migliora l’agilità e la coordinazione motoria generale. L’aikido ha una didattica molto ampia, poiché viene studiato e praticato a mani nude, che con l’uso didattico delle armi tradizionali, peculiarità che spiega perché il miglioramento motorio generalizzato da parte di tutti i praticanti, inoltre sviluppa la capacità percettiva delle dinamiche aggressive fornendoci strumenti potenzialmente utili per imparare a difendersi.
Superato il primo impatto di una pratica fisica (c.d. sportiva), nel tempo l’aikidoka spontaneamente matura il bisogno di scoprire qualcosa di più profondo di sé stesso. L’aikido diventa uno strumento evolutivo, superando il significato di essere un’arte marziale.
Quindi è importante capire che questa arte marziale non è basata sulla forza fisica, ma ricerca lo sviluppo della tecnica che a sua volta implementa l’autocontrollo; il miglioramento è proporzionale alle ore di allenamento, e infonde nell’aikidoka fiducia in sé stesso e nelle proprie capacità.
Non ci sono gare, perché è un’arte marziale di autodifesa basata sui principi di non violenza, di armonia e di pace, l’aikidoka ricerca: l’incontro con l’altro; movimenti armoniosi; il miglioramento di sé stesso. Uomini e donne si allenano insieme, senza distinzione di età o di peso, cosa abbastanza rara nello sport.
La parola AIKIDO è la somma di tre distinte parole AI – KI – DO, ognuna delle quali ha un proprio significato e un proprio ideogramma. Messe insieme assumono un significato complesso e allo stesso tempo semplice:
合氣道 (ai-ki-dō) significa: unione ed armonia con l’energia vitale e lo spirito dell’Universo.
合 (ai) significa “armonia” e nel contempo anche “congiungimento” e “unione”;
氣 (ki) è rappresentato dall’ideogramma giapponese 氣 che, nei caratteri della scrittura kanji, raffigura il “vapore che sale dal riso in cottura”. Significa “spirito” non nel significato che il termine ha nella religione, ma nel significato del vocabolo latino “spiritus”, cioè “soffio vitale”, “energia vitale”. Il riso, nella tradizione giapponese, rappresenta il fondamento della nutrizione e quindi l’elemento del sostentamento in vita ed il vapore rappresenta l’energia sotto forma eterea e quindi quella particolare energia cosmica che spira ed aleggia in natura e che per l’Uomo è vitale. Il 氣 “ki” è dunque anche l’energia cosmica che sostiene ogni cosa. L’essere umano è vivo finché è percorso dal “ki” e lo veicola scambiandolo con la natura circostante: privato del “ki” l’essere umano cessa di vivere e fisicamente si dissolve;
道 (dō) significa letteralmente “ciò che conduce” nel senso di “disciplina” vista come “percorso”, “via”, “cammino”, in senso non solo fisico ma anche spirituale.
Quali sono le origini di questa pratica sportiva?
Semplificando fino all’estremo, l’aikido, è frutto di una recente rielaborazione e ricodifica di discipline molto più antiche. La disciplina dell’aikido è il frutto di anni di evoluzione e studio da parte di Morihei Ueshiba (植芝盛平), che tutti gli aikidōka chiamano Ōsensei (翁先生 “Grande maestro”) a cominciare dagli anni trenta del ‘900 partendo dagli insegnamenti di scuole (“Ryu”) precedenti.
L’Aikido deriva principalmente dall’arte marziale del Daitō-Ryū Aikijūjutsu, dalla quale però iniziò a prendere le distanze, sviluppandosi come disciplina autonoma, a cominciare dalla fine degli anni Venti. Questo è anche dovuto al coinvolgimento di Ueshiba con la religione Ōmoto-kyō. Documenti dei primi allievi di Ueshiba riportano il nome aiki-jūjutsu.
Qual è la filosofia alla base dell’aikido?
La filosofia alla base dell’aikido c’è la costante ricerca dell’armonia spirituale, la ricerca di unione tra il praticante e tutto ciò che lo circonda, il quale cerca anche di eliminare ogni bisogno di combattere. Per antonomasia l’aikido è definita l’arte marziale della pace.
Come si pratica l’aikido? (luogo, abbigliamento, regole da rispettare, armi)
L’aikido viene praticato all’interno del dojo (palestra), sopra un tatami (tappetini). Essendo una disciplina tradizionale, richiede l’uso dell’abbigliamento tradizionale da allenamento, detto keikogi (abito da allenamento) che consiste in pantalone bianco (Zubon), giacca bianca (Uwagi) e cintura (obi), per i gradi dan è previsto anche l’uso dell’hakama (gonna-pantalone). Le regole da rispettare sono semplici, fanno parte della forma e dell’etichetta (reiki) ereditate dalla tradizione marziale giapponese che meritano di essere seguite e perpetuate ancora oggi. Un elemento base di importanza imprescindibile è il rispetto di sé stessi e dei nostri compagni, che passa attraverso varie condotte, tra cui la pulizia personale, il saluto ad inizio e fine lezione, ringraziare i compagni con cui si pratica, la puntualità e l’assunzione di responsabilità. Gli allenamenti non vengono svolti per “classi”, una peculiarità dell’aikido è questa fusione costante tra gradi bassi con i più esperti, questa mescolanza velocizza l’apprendimento da parte dei neofiti e consente ai più esperti di ampliare, testare e imparare a modulare le proprie tecniche in relazione al livello di preparazione del compagno con cui lavora, impara a gestire. Un esempio di educazione, etichetta e rispetto: per quanto possibile, i gradi inferiori sono sempre tenuti a cercare un compagno di lavoro di grado superiore o pari al proprio, nessun praticante di grado superiore si sognerà mai di rifiutare un invito simile. Alle volte è consentito o richiesto di allenarsi con più compagni contemporaneamente.
La pratica viene svolta con studio delle tecniche a mani nude (taijutsu) o l’uso delle armi (Jodori, Kendori, Tantodori [bastone, spada e coltello]) oppure miste.
Quanti gradi/cinture si possono conquistare nella pratica di questo sport?
La graduazione corrisponde al riconoscimento di un livello di preparazione e conoscenza della disciplina.
Nelle discipline marziali tradizionali, esistono le cinture bianche o le cinture nere. Le cinture bianche vanno dal grado più basso 6^ kyu al più alto 1^ kyu, in seguito si consegue il 1^ dan che consente di indossare la cintura nera e l’hakama, i gradi dan successivi sono tradizionalmente tecnici fino al 4^ dan, i successivi gradi fino all’8^ dan sono gradi onorifici, il 9^ dan riservato al Doshu (Maestro della via, discendente del fondatore), il 10^ dan è solo quello del fondatore Morihei Ueshiba (植芝盛平), Ōsensei (翁先生 “Grande maestro”).
Quali benefici (fisici e mentali) porta a chi lo pratica e quali sono i muscoli che vengono sollecitati da questa attività?
In questa disciplina i benefici fisici e mentali viaggiano di pari passo. La pratica abituale e costante tonifica tutta la muscolatura, il lavoro svolto non richiede l’uso di “zavorra” a carico del praticante, la costante ripetizione di azioni di salita e discesa che vedono il praticante scendere e stendersi sul tatami per poi rialzarsi e ricominciare, implicitamente coinvolge tutti muscoli del corpo; ogni tecnica, ogni movimento svolto con la destra viene ripetuto con la sinistra, peculiarità che aiuta a preservare e migliorare le proprie capacità motorie generali, nonché il senso dell’equilibrio; vengono svolti ripetutamente e costantemente esercizi di allungamento muscolare e di mobilità articolare. Queste azioni finalizzate all’apprendimento tecnico della disciplina, infondono benessere fisico con ricadute positive sulla fiducia e autostima del praticante. Molti praticanti mi hanno riferito di aver notato una notevole diminuzione dei mal di schiena, verosimilmente riconducibile al miglioramento del tono muscolare come conseguenza della pratica. Molti genitori, mi hanno riferito che i pediatri constatano maggiore simmetria fisica nei ragazzi e taluni ortopedici hanno constatato miglioramenti posturali.
A quale età è indicato iniziare a praticare aikido?
Non esiste un’età giusta per iniziare a praticare aikido, esiste un momento giusto per iniziare, ossia quando scatta la scintilla, ognuno ha la propria ed ognuno ne ha una per qualcosa.
Di certo possiamo affermare che nell’aikido esistono praticanti di tutte le età, possiamo vantarci di avere praticanti molto longevi, sia come anni di pratica che come età anagrafica, cosa che purtroppo non accade per molte altre discipline inquadrate negli sport da combattimento.
Con le dovute accortezze, si può iniziare quando si vuole, e con le stesse accortezze praticare per sempre, poiché non esiste un limite di età in cui si deve smettere.
I bambini potrebbero iniziare a praticare già dai 5-6 anni, in questo caso, un bravo insegnate di qualunque disciplina sportiva punterà più che altro su un lavoro finalizzato a incrementare le capacità motorie, alla formazione educativa e morale del bambino, evitando il più possibile attività specializzanti o competitive, puntando piuttosto ad attività associative e collaborative. Con il passare degli anni e l’evidente acquisizione di capacità motorie sempre più ampie e variegate si potrà pensare ad avviare una blanda attività specializzata.
Per il corso dei bambini e ragazzi, ho fatto una scelta didattica orientata verso bambini già scolarizzati, a partire dai 7-8 anni.
Questo sport ha delle controindicazioni? Se si, quali?
Una volta superata la visita medica di idoneità allo svolgimento di attività sportiva non agonistica, non ci sono controindicazioni reali.
Dopo le canoniche lezioni di prova, spiego ai neofiti che l’aikido tende a causare dipendenza poiché genera benessere, fisico ed emotivo, entusiasmo, energia e vitalità; sensazioni acuite dalla consapevolezza di avere maggior padronanza di se stessi.